In questi ultimi anni di film improntati sul mondo periferico capitolino ne sono usciti a bizzeffe: “Suburra”, “Non essere cattivo”, “Il più grande sogno”, “Cuori Puri”, solo per citarne alcuni.

Considerando il successo ottenuto, ciò che è sicuramente evidente è la presa emotiva che queste realtà così spietate e crude esercitano sullo spettatore, coinvolgendolo in maniera diretta brusca e inaspettata. Il rischio che si corre nel realizzare pellicole direzionate su tematiche simili è quello di “riscaldare una minestra.”

Una pellicola che ha decisamente abbattuto questa probabilità è la terra dell’abbastanza, opera prima dei fratelli-D’innocenzo. Tale film, può essere considerato a mio parere “diverso” sotto molteplici punti di vista.

Ad esempio se parliamo del linguaggio, necessariamente volgare ma perfettamente descrittivo di una “periferica” realtà odierna, mentre la fotografia è sempre molto tetra e cupa in rappresentanza dello stato emotivo dei personaggi, infine la trama narrata decisamente insolita e ingegnosamente “casuale.“

Sinossi: Due ragazzi di periferia Manolo e Mirko (interpretati rispettivamente da Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti) investono distrattamente un uomo uccidendolo.

Si scoprirà poi essere un membro di un clan malavitoso, che dopo aver tradito il suo clan si era rifugiato in un loculo. Il padre di Manolo nonostante sia stato Mirko ad investire “l’infame”, convince il figlio a prendersene il “merito” poiché convinto che quella possa essere una preziosa opportunità per riscattarsi da una vita di fallimenti e povertà.

Manolo riesce così ad entrare nel giro, all’interno del quale trascinerà anche Mirko su sua richiesta. Nell’arco di poco tempo i due protagonisti diverranno efferati criminali, spietati e inconsapevoli catapultandosi in un qualcosa di molto più grande di loro, perdendo totalmente il controllo della situazione. 

La terra dell’abbastanza

La Terra dell’abbastanza è un film che va necessariamente metabolizzato, descrive in maniera emblematica il senso di logorante insoddisfazione e solitudine ricorrente ai giorni nostri e le conseguenze disastrose e irrimediabili che questo stato possa apportare alla propria esistenza. 

Magistrali le interpretazioni di entrambi i giovani attori, che raccontano due mondi completamente differenti evidenziandone in modo eccellente ogni  sfumatura sotto il profilo psicologico e facendo emergere le loro innumerevoli fragilità caratteriali e umane.

Un film questo di richiamo al cinema “Caligariano” dove chi fa da padrone è la crudezza di una realtà che non lascia spazio a superflui ornamenti ma colpisce lo spettatore dritto allo stomaco lasciandolo senza fiato.