La sceneggiatura è la base su cui costruire tutto quello che si vedrà poi in un film, ma come ci si avvicina a quest’arte? Ne parliamo oggi con lo sceneggiatore e regista Daniele Falleri, docente di recitazione ad Action Academy.

Ciao Daniele, prima di tutto, che cos’è la sceneggiatura di un film?

La sceneggiatura è il film da girare però scritto per immagini, la scrittura in sequenza delle singole scene che comporranno il film. Nella buona sceneggiatura si trovano tutte le informazioni necessarie a troupe e cast per realizzare il film. Ogni scena scritta, dalla riga dell’intestazione fino all’ultima didascalia o battuta, è ricca di dettagli che servono a guidare coloro che la leggeranno. Lettori che non sono ‘anonimi’, ma tecnici e artisti specializzati che contribuiranno fattivamente alla realizzazione del prodotto. La sceneggiatura ha una vita breve: nasce, racconta un film e muore. Una volta che la “pellicola” sarà uscita nelle sale o sul piccolo schermo, la sceneggiatura, come sono solito dire, si dissolverà in polvere.

Come si diventa sceneggiatori?

Diventare sceneggiatori è un viaggio creativo dove ognuno deve inventarsi il proprio itinerario. Gli ingredienti fondamentali sono: fantasia, audacia, caparbietà ai limiti dell’ostinazione, curiosità verso sé stessi e gli altri esseri umani, una buona dose di spirito di sacrificio e soprattutto una incontenibile voglia di scrivere. Queste sono solo le componenti di partenza indispensabili ma cui verrà abbinato uno studio tecnico fatto di disciplina e dedizione. Perché, come per gli attori, i musicisti e la maggior parte degli artisti, anche per gli sceneggiatori il binomio ‘genio e sregolatezza’ non vale più.

Lo sceneggiatore ha scadenze contrattuali ben definite e solo rispettandole potrà progredire professionalmente. Affidarsi all’ispirazione del momento non può assolutamente bastare. Chi scrive per professione deve conoscersi a fondo per poter attivare autonomamente il proprio stato di ispirazione. Lo sceneggiatore non può lasciare la propria fantasia a briglia sciolta procedendo senza regole, ma deve sapere come incanalare ciò che scrive in una storia riproducibile per immagini. E tutto questo perché, ripeto, la sceneggiatura non è un romanzo da leggere, è lo strumento principe per creare un film ed è composta al 50% di fantasia e di creatività, ma per l’altro 50% è fatta di competenza tecnica. E quest’ultima si studia e si impara solo sperimentandosi. Perciò il mio consiglio è: studiare, scrivere ed essere meticolosi, la cura del dettaglio farà la differenza.

Typewriter from The Shining Stanley Kubrick exhibit at EYE Filminstitut Netherlands, Amsterdam di Marcel OosterwijkAttribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

Come si impara, da attori, a leggere una sceneggiatura?

Per un’attrice o un attore saper leggere una sceneggiatura è fondamentale. Nascosti fra i dialoghi ci sono le sfumature del personaggio da interpretare. Quindi, per prima cosa, evitare di fare una prima lettura distratta, ma ritagliarsi il tempo necessario. Chiedersi come io direi quelle battute, che significato hanno per me quelle parole, senza pensare al personaggio che ancora non esiste e che vedrà la luce solo se saprò farlo vivere attraverso le mie emozioni. Altro aspetto indispensabile è disporsi alla lettura con una mente priva di giudizi nei confronti delle azioni e dei turbamenti del personaggio. Giudicare il carattere da interpretare è l’errore più grande che un’attrice o un attore possano fare.

La sceneggiatura dà all’attore tutto quello che deve sapere?

Sì. La buona sceneggiatura fornisce all’interprete tutte le informazioni base su cui muoversi per creare. Tenendo sempre ben presente che la sceneggiatura non è un traguardo, ma piuttosto una porta aperta su un mondo fantastico e l’attore deve morire dalla voglia di varcarne la soglia.

Un attore può anche andare “oltre” la sceneggiatura aggiungendo del suo?

Certo. L’attore dà un contributo fondamentale, ma non deve mai perdere di vista il fatto che l’interpretazione (così come la regia, la scrittura, la fotografia, la musica, ecc.) è una delle componenti del film e che l’attore da solo non realizzerebbe un bel niente. L’attore deve mettere la propria sensibilità, la propria arte recitativa, al servizio del progetto partendo proprio dalla sceneggiatura. Se l’attore si pone nei confronti della sceneggiatura con la supponenza di chi ne sa di più dello scrittore commette un grave errore. Il bravo attore utilizza la propria creatività per armonizzarla con le altre professionalità, proponendo ma mai imponendo. La realizzazione di un bel film è sempre una sinfonia suonata da varie sensibilità tecnico-artistiche.

Se ti interessano le tecniche di dizione che un attore deve padroneggiare ti suggeriamo il nostro articolo: “La voce aperta” in Action Academy

L’attore, la sceneggiatura, e il regista, sono tre mondi diversi, come fanno ad unirsi?

Non devono unirsi, devono fondersi. Recitazione, scrittura e regia sono vasi comunicanti. Quando uno dei tre prevale sugli altri il prodotto finale ne risentirà perdendo l’equilibrio magico su cui scorre il flusso di emozioni da cui lo spettatore si lascia trasportare. Un set è un meccanismo perfetto con una piramide gerarchica ben definita al cui vertice sta il regista. Ma solo il regista illuminato, e non un despota, potrà realizzare un bel film.

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Raccontaci la tua esperienza professionale.

Ho iniziato scrivendo. Crescendo ho cominciato a cimentarmi in brevi racconti di narrativa fino a quando non mi sono imbattuto in una sceneggiatura di poche pagine scritta da alcuni ragazzi di un corso di, fu una folgorazione.

Mi trasferii dalla provincia di Pisa a Roma con la mia valigia traboccante di sogni ed incontrai insegnanti americani che mi introdussero al metodo Strasberg, quello dell’Actor Studio, e vidi prendere forma ai personaggi scritti ed imparai quali parole usare per dirigere gli attori. Scrissi le mie prime commedie teatrali e le prime scene di episodi per serie Tv come ghostwriter dove venivo pagato per scrivere ma rimanendo nell’ombra. Parallelamente sono arrivate le prime regie teatrali e le collaborazioni televisive sempre procedendo nel mio personale cammino fatto di passi ponderati mai più lunghi della mia gamba. Ho avuto la fortuna di incrociare nella mia vita donne e uomini grandi ed umili che mi hanno insegnato tutto ciò che so e che hanno avuto fiducia in me.

E a chi mi chiede: “Qual è il più bel progetto a cui hai lavorato?” rispondo citando le parole di un illustre collega: “Il prossimo!”

Lo sceneggiatore e regista Daniele Falleri

In copertina: My conclusion di Joe FloodAttribution-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-ND 2.0)