Nolan e il pregiudizio

Christopher Nolan è un regista con un ottimo bagaglio tecnico, che ci ha regalato film entrati di diritto nella Storia del Cinema, e che gli hanno fatto ottenere un posto in quello che potremmo chiamare l’Olimpo della Settima Arte.

Christopher Nolan allo stesso tempo è un regista che negli ultimi anni ha acquisito una notevole quantità di fama e successo, rendendo i suoi film dei veri e propri blockbuster attesissimi dal grande pubblico. Un aspetto del suo fare cinema, ritenuto da alcuni troppo commerciale, in contrasto con la sua identità d’autore.

Quando arriva nelle sale una pellicola firmata Nolan il pubblico si spacca quindi a metà: da una parte le persone che lo apprezzano come intrattenitore, e che hanno magari anche l’ardire di paragonarlo a grandi del passato; dall’altra quelli che sulla base di un semplice pregiudizio, spesso ancor prima di aver visto il film, già prevedono di trovarsi di fronte all’ennesimo film commerciale di un regista che non ha nulla da dire.

John David Washington (the Protagonist) – Foto di CELINA: FonteCC BY 3.0

Nolan: un nome, uno stile

Fatta questa premessa, cerchiamo di fare un’analisi il più oggettiva possibile di uno dei film più discussi dell’ultimo periodo. Nolan ci ha abituato a film costruiti intorno ad una teoria scientifica, film in cui l’intrattenimento e l’azione sono mezzi per raccontare l’universo in cui sono ambientati.

Il fulcro di questi film non risiede tanto nei protagonisti, quanto nella storia, il complesso meccanismo a incastro degli eventi che costruisce Nolan, di cui i personaggi sono solo pedine. La storia di Tenet, a sua volta, è funzionale al mondo in cui è ambientata, come avveniva in Inception, in cui tutta la trama, il racconto dell’indagine e i suoi personaggi, non sono altro che il pretesto che Nolan trova per parlare della teoria dei sogni.

La scrittura dei personaggi in questo senso è molto semplice, estremamente stereotipata e bidimensionale: c’è il protagonista, agente segreto americano e paladino del bene, che combatte l’antagonista, terrorista russo egocentrico e cattivo, mentre protegge la femme fatale, donna bellissima e tormentata con il costante bisogno di essere salvata.

Anche la regia è al servizio dell’azione e della storia, e non cerca di trasmettere particolari emozioni né di farci empatizzare con i protagonisti: Nolan sceglie quindi un racconto ricco di inquadrature volte a stupire e a sbalordire, per enfatizzare le scene d’azione e lasciare lo spettatore senza fiato, anche di fronte agli effetti visivi straordinari (quasi sempre analogici).

In questa direzione si muove anche il montaggio che scorre freneticamente, in maniera sincopata, per enfatizzare le scene d’azione. Nolan non ci permette di rilassarci in questo senso, nemmeno nelle più semplici scene di dialogo, mantenendo anche qui alto il ritmo.

Kenneth Branagh (Andrei Sator) – Foto di Flickr: FonteCC BY-SA 2.0

Che lo faccia per cercare di distrarre lo spettatore dalle stereotipate e non troppo brillanti scelte di dialogo? O magari lo fa per tenerci svegli durante l’immancabile spiegone? La verità è che questa superficialità nei dialoghi e nella scrittura dei personaggi è semplice da spiegare: Nolan li usa come pretesto per raccontare la sua personale idea su una specifica teoria scientifica, per rispondere a delle domande che non hanno risposta se considerate secondo la nostra prospettiva normale (ma cosa è normale? sembra chiedercelo anche il film) e quotidiana, ma che la trovano nell’universo di significati che appositamente disegna.

Per rendere più semplice e accessibile questa realtà si fa aiutare da stereotipi di personaggi che ci sono familiari, racconta una trama che abbiamo ascoltato centinaia di volte, così che noi, senza doverci scervellare sulle dinamiche più umane, possiamo concentrarci sul cogliere il funzionamento della realtà che queste dinamiche le circonda.

Elizabeth Debicki (Kat) – Foto di Eva Rinaldi: FonteCC BY-SA 2.0

Un film, molti piani di lettura

I film di Nolan hanno più livelli di lettura: lo spettatore si può godere un film d’azione, senza necessariamente averlo capito perfettamente, ma lasciandosi trasportare dalle immagini edalle trovate mozzafiato, oppure può cogliere l’essenza del film, aggiungendo al semplice intrattenimento una riflessione più profonda sui misteri della scienza.

In Tenet il mistero che trova la soluzione è quello del Quadrato di Sator, uno schema di origini latine in cui le parole Sator Arepo Tenet Opera Rotas disposte una sotto l’altra (formando così una specie di quadrato) possono essere lette sia da destra verso sinistra che viceversa, in direzione orizzontale, e sia dall’alto verso il basso che viceversa, quando lette in verticale, creando quindi una sorta di palindromia che trova nella metà esatta proprio la parola Tenet, che è un palindromo a sua volta perché resta uguale anche se invertita.

Robert Pattinson (Neil) – Foto di Maximilian Bühn: FonteCC BY-SA 4.0

Il principio dell’inversione

E non è un caso che io abbia usato il verbo invertire, perché in Tenet l’inversione è il principio alla base del film stesso. Nolan immagina infatti un mondo in cui grazie a un pericoloso algoritmo è possibile invertire l’entropia degli atomi, facendoli così viaggiare non dal passato verso il futuro, ma dal futuro verso il passato.

Vi ricordate quando parlavo della semplicità della storia e dei personaggi che ci raccontava Nolan? La cosa straordinaria di questo film non è tanto cosa ci racconta Nolan, ma come: la teoria dell’inversione infatti permette a Nolan di viaggiare perfettamente attraverso questo quadrato magico, muovendo prima i personaggi dall’inizio del film fino alla sua metà esatta, e poi dalla metà del film al momento in cui invece cronologicamente inizia, riportando la stessa struttura palindroma del Quadrato in forma pratica sulla sua pellicola, creando un esempio perfetto di loop temporale.

Insomma, Nolan non è Kubrick e non lo sarà mai, ma non ha nemmeno la pretesa di esserlo. Nolan è semplicemente Nolan, un regista di intrattenimento che ha l’abitudine di sconvolgere le aspettative più ovvie dello spettatore , portandolo in universi impossibili, difficili da digerire, ma che con le giuste conoscenze arrivano ad una perfetta quadratura. Qualcuno ci può arrivare prima, qualcuno dopo, ma alla fine dei conti, di fare questo viaggio, ne vale veramente la pena.

Parola di Action Academy!